Recensione di PIETRO SIGNORELLI
Omaggio totalmente dichiarato al capolavoro del grande Hitch "La finestra sul cortile", con specifica citazione e un poster pop di Grace Kelly sopra al malandato frigorifero, questo piccolo gustosissimo film ha più di una freccia al suo arco, oltre alla simpatia di fondo dei suoi protagonisti è allegro e frizzante, con tante situazioni e un caleidoscopio di avvenimenti pieno di buon ritmo che si susseguono senza sosta. Siamo a Piacenza, omaggiata all'inizio con degli scorci tipici della scuola di Allen, e Gabriele (Fabrizio Bucci, in ottima verve recitativa e reduce dai suoi personaggi di bello televisivo) non sa come sbarcare il lunario. Ha ricevuto un appartamento in eredità da una parente deceduta (in cui comunque già viveva gratuitamente), non sa come sostenerne le spese dato che il suo lavoro di traduttore di ricette non gli permette di avere un reddito fisso. Vorrebbe anche vedere pubblicato il suo romanzo ma pare una chimera, il suo committente (interpretato da Enzo Beruschi che parla nella stanza che pare quella del produttore dei film di Nuti e di altri successi al botteghino, Giorgio Leopardi che ovviamente produce anche qui), la banca invece gli sta con il fiato sul collo minacciando di pignorare e sequestrare quanto avuto improvvisamente. Consigliato da un'amica Gabriele decide di affittare una stanza dell'appartamento a un'altra persona, peccato che arrivi un cialtrone bello e fisicato come Fabio, detto Fabiulus (Sergio Muniz, davvero guascone) che gli stravolge e devasta la vita con la sua ossessione da adone da conquista e i suoi comportamenti sregolati. L'unica consolazione sembra essere per Gabriele l'osservare con il binocolo la bella sconosciuta vicina di fronte, Alice (Cinzia Fornasier), che arriva tardi tutte le mattine a casa. Ma tutti i suoi problemi sembrano svanire all'improvviso quando nel caseggiato succede un duplice omicidio e il sospettato principale è proprio Fabio.
Ci sono state varie riproposizioni de La finestra sul cortile, da un ottimo De Palma a una struggente interpretazione di Reeve sulla sedia a rotelle,
ma questa italiana è sicuramente la più divertente e giocosa, con quei duetti tra i due attori principali e l'inserimento man mano di tante belle donne (Carmen De Venere, Francesca Giordano, Donatella Allegro), alcune serie e consapevoli e altre del tutto disperse mentalmente (come le due ragazze timorose di prendere la "cernia"), con un ben poco credibile direttore di banca da operetta che insegue e non morde la preda, e un ispettore di polizia veneto di nome Biron (Nicola Cavallari) che vuole essere chiamato per darsi importanza all'inglese per diventare il londinese Byron, il famoso poeta londinese. La sottotrama gialla è solo un flebile pretesto per presentare tic, ansie e virtù dell'italiano medio che annaspa nella crisi economica, mostrando il giovane volenteroso e rampante che trova muro ad ogni passo, d'altronde la situazione per i bohemians è chiara, con quel mendicante che riporta su un cartello "regista disoccupato" e le produzioni che vorrebbero storie astruse come quella del marines e la donna afghana. Da segnalare le divertentissime scene della panchina, le citazioni surreali dell'irrigazione a goccia, tutte cose che rendono questo lavoro di Sarti non solo divertente ma anche colto e intelligente, impossibile dopo la visione non uscirne simpaticamente grati e rilassati, nel nome e perfetto rispetto dell'immortale ispiratore, anche se ogni tanto ci si disperde con i personaggi assommandone anche troppi, come la mamma di Carolina figlia di Biron, e l'ex di Alice. Si rivede nella parte di una prosperosa vicina che crede gay i due uomini la ex-scandalosa Debora Caprioglio lanciata da Brass.