RECENSIONI e NOTE DI REGIA

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La finestra di Alice|Note del regista

 Il film è una commedia di formazione sulla ricerca della propria identità. Il binocolo con cui il protagonista scruta la vita “degli altri” è la rappresentazione del limite esistenziale e affettivo del protagonista Gabriele. E in Gabriele il desiderio lancinante di superare il suo mondo chiuso passa proprio attraverso lo sguardo con il binocolo. Ma si tratta di una battaglia persa in partenza. Il binocolo, infatti, nel nostro caso non è  che uno strumento di solitudine. Solo nel confronto vero con gli altri potrà avvenire la vera crescita della persona.

La Regia è al servizio della storia, quindi i movimenti di macchina e le inquadrature sono assolutamente funzionali ad essa: non sono presenti nel film acrobazie e dolly spettacolari, che sarebbero fuori luogo rispetto alla sceneggiatura. La fotografia è volutamente molto calda e  il ritmo narrativo fluido è sottolineato dalla musica post-minimalista di  Gianluca Porcu.

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MY MOVIES - Giancarlo Zappoli su MY MOVIES

 

Due personalità diverse a confronto in una commedia dalle tinte gialle
Giancarlo Zappoli        
Locandina La finestra di Alice

Gabriele, traduttore di manuali con velleità di scrittore, ha appena ereditato un appartamento di cui non riesce a sostenere debiti e spese. Si trova così costretto ad affittare una stanza a uno sconosciuto spagnolo di nome Fabio Fernandez il quale, a poco a poco, gli invade la vita. Un giorno però avviene un omicidio nel palazzo di fronte di cui Gabriele conosce bene una stanza dato che ogni giorno spia con il binocolo l’affascinante Alice che ha la finestra proprio all’altezza della sua.
Carlo Sarti alla regia del suo terzo lungometraggio tiene a battesimo un felice ritorno, quello di Giorgio Leopardi alla produzione. Sicuramente non è un caso che una scena del film sembri girata proprio nel suo studio con appese al muro le locandine di numerosi successi al box office e, in particolare, di quasi tutti i film di Francesco Nuti. È un battesimo che ha in sé la leggerezza brillante e vivace con colori di varia tonalità del Gutturnio, l’eccellente vino che si produce nel piacentino. Proprio a Piacenza, città che si rivela cinematograficamente moderna, è girata la storia, che potremmo attribuire al genere buddy buddy, dato che vede al centro due personaggi tratteggiati con tocchi che hanno quel tanto di astrazione che serve a renderli, per assurdo, più credibili.
L’introversione tenera di Gabriele si contrappone al fascino rapinoso di Fabio nella storia di un’amicizia che si crea nonostante nulla la faccia presagire come possibile. D’altronde nell’antichità il gutturnium era la coppa dell’amicizia che veniva fatta girare, colma di vino, tra i commensali a fine cena e il menù che questo film ci offre (anche se la pizza non manca di avere un suo ruolo) è vario. Fatta salva l’inverosimiglianza di un direttore di banca che, di questi tempi, accetta di farsi prendere ripetutamente in giro da un cliente insolvente, le variazioni di tono risultano giustificate. Dal confronto virile (con possibili varianti gay) alle vicende amorose in cui la finestra di fronte gioca un ruolo che si rifà a più di un classico del cinema fino alla svolta nel giallo. Il cui ‘caso’ viene risolto un po’ semplicisticamente, quasi fosse un hitchckiano MacGuffin di sceneggiatura. Perché ciò che sembra importare a Sarti è descrivere delle povere e piccole esistenze precarie. Gratificandole di una sorridente comprensione.

  

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CINE-ZONE - Pietro Signorelli su CINE-ZONE

Recensione di PIETRO SIGNORELLI
 

La finestra di Alice / 1Omaggio totalmente dichiarato al capolavoro del grande Hitch "La finestra sul cortile", con specifica citazione e un poster pop di Grace Kelly sopra al malandato frigorifero, questo piccolo gustosissimo film ha più di una freccia al suo arco, oltre alla simpatia di fondo dei suoi protagonisti è allegro e frizzante, con tante situazioni e un caleidoscopio di avvenimenti pieno di buon ritmo che si susseguono senza sosta. Siamo a Piacenza, omaggiata all'inizio con degli scorci tipici della scuola di Allen, e Gabriele (Fabrizio Bucci, in ottima verve recitativa e reduce dai suoi personaggi di bello televisivo) non sa come sbarcare il lunario. Ha ricevuto un appartamento in eredità da una parente deceduta (in cui comunque già viveva gratuitamente), non sa come sostenerne le spese dato che il suo lavoro di traduttore di ricette non gli permette di avere un reddito fisso. Vorrebbe anche vedere pubblicato il suo romanzo ma pare una chimera, il suo committente (interpretato da Enzo Beruschi che parla nella stanza che pare quella del produttore dei film di Nuti e di altri successi al botteghino, Giorgio Leopardi che ovviamente produce anche qui), la banca invece gli sta con il fiato sul collo minacciando di pignorare e sequestrare quanto avuto improvvisamente. Consigliato da un'amica Gabriele decide di affittare una stanza dell'appartamento a un'altra persona, peccato che arrivi un cialtrone bello e fisicato come Fabio, detto Fabiulus (Sergio Muniz, davvero guascone) che gli stravolge e devasta la vita con la sua ossessione da adone da conquista e i suoi comportamenti sregolati. L'unica consolazione sembra essere per Gabriele l'osservare con il binocolo la bella sconosciuta vicina di fronte, Alice (Cinzia Fornasier), che arriva tardi tutte le mattine a casa. Ma tutti i suoi problemi sembrano svanire all'improvviso quando nel caseggiato succede un duplice omicidio e il sospettato principale è proprio Fabio.
Ci sono state varie riproposizioni de La finestra sul cortile, da un ottimo De Palma a una struggente interpretazione di Reeve sulla sedia a rotelle, ma questa italiana è sicuramente la più divertente e giocosa, con quei duetti tra i due attori principali e l'inserimento man mano di tante belle donne (Carmen De Venere, Francesca Giordano, Donatella Allegro), alcune serie e consapevoli e altre del tutto disperse mentalmente (come le due ragazze timorose di prendere la "cernia"), con un ben poco credibile direttore di banca da operetta che insegue e non morde la preda, e un ispettore di polizia veneto di nome Biron (Nicola Cavallari) che vuole essere chiamato per darsi importanza all'inglese per diventare il londinese Byron, il famoso poeta londinese. La sottotrama gialla è solo un flebile pretesto per presentare tic, ansie e virtù dell'italiano medio che annaspa nella crisi economica, mostrando il giovane volenteroso e rampante che trova muro ad ogni passo, d'altronde la situazione per i bohemians è chiara, con quel mendicante che riporta su un cartello "regista disoccupato" e le produzioni che vorrebbero storie astruse come quella del marines e la donna afghana. Da segnalare le divertentissime scene della panchina, le citazioni surreali dell'irrigazione a goccia, tutte cose che rendono questo lavoro di Sarti non solo divertente ma anche colto e intelligente, impossibile dopo la visione non uscirne simpaticamente grati e rilassati, nel nome e perfetto rispetto dell'immortale ispiratore, anche se ogni tanto ci si disperde con i personaggi assommandone anche troppi, come la mamma di Carolina figlia di Biron, e l'ex di Alice. Si rivede nella parte di una prosperosa vicina che crede gay i due uomini la ex-scandalosa Debora Caprioglio lanciata da Brass.      

CIAK - Maggio 2013